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Complicanze

Il Coronavirus inonda il globo ed affonda i mercati

17/03/2020 16:49

Dopo un febbraio contraddistinto da gravi crolli e da una generalizzata fuga dai mercati, marzo tra proseguendo sulla stessa linea.

Le performance MTD disegnano uno scenario apocalittico, il più grave colpo subito dai mercati negli ultimi dieci anni.

I principali listini azionari sono tutti in rosso. Il “migliore” è l’indice di Shanghai, che perde solo il 3% da inizio mese, probabilmente perché ha scontato prima rispetto alle altre piazze gli effetti del contagio. Per tutti gli altri listini, le perdite sono a doppia cifra. Le piazze asiatiche e americane sono nel complesso le meglio posizionate con ritracciamenti che vanno dal 10 al 20%. L’Europa cede invece tra il 20 ed il 30%, con i Paesi mediterranei in fondo alla classifica.

 Gli indici sul risparmio gestito si muovono in modo coerente, ma scontano ovviamente anche le dinamiche intervenute sui mercati valutari, che nelle ultime settimane hanno subito anch’essi notevoli contraccolpi. Pur muovendosi sempre in terreno negativo, ed anche pesantemente, le large cap hanno un lieve vantaggio competitivo, così come i comparti focalizzati su imprese growth.

Anche gli indici settoriali denunciano profonde difficoltà, elemento insolito poiché in linea di massima i comparti focalizzati su specifici settori tendono a cavalcare trend apprezzati dai mercati, pur in momenti alterni. La finanza è il settore maggiormente danneggiato, e brucia circa il 30%. Gli energetici si avvicinano molto, ed è comprensibile considerato che la produzione mondiale sta subendo un’inedita battuta d’arresto. Contrariamente alle attese, anche i metalli preziosi ritracciano. Evidentemente gli investitori sono in fuga dai mercati e favoriscono la liquidità rispetto ai beni rifugio. Le telecomunicazioni, pur cedendo quasi il 7%, per ora rappresentano il settore che ha tenuto meglio.

Anche gli indici obbligazionari cedono, senza eccezioni, con ritracciamenti che sfiorano l’11%. Sono poche le sorprese: come lecito attendersi high yield e convertibili scontano gli effetti più spiacevoli. Tra i bond Usa le lunghe scadenze ritracciano meno delle brevi, al contrario del debito europeo, anche per effetto delle mosse delle Banche centrali.

Proprio le mosse di Fed e BCE potrebbero aver influito in misura rilevante sulle variazioni di forza intervenute tra le valute nelle ultime settimane. L’euro corre, facendo registrare allunghi a doppia cifra nei confronti del real, del rublo e della corona norvegese. La moneta unica balza del 6% contro la sterlina, mentre rispetto a yuan e dollaro l’allungo è più contenuto e si aggira poco sopra al punto percentuale.  Solo lo yen tiene testa all’euro, e probabilmente rappresenta l’unico rifugio verso ci si stanno muovendo i capitali non disinvestiti.

A scatenare questo tsunami tra valute potrebbe essere stata la combinazione di strategie, di fatto opposte, adottate dagli istituti centrali: mentre la BCE della Lagarde si è limitata ad incrementare le misure già in essere – cioè TLTRO e quantitative easing – ma si è rifiutata di ritoccare i tassi nonostante l’assoluta eccezionalità della situazione, la Federal Reserve ha effettuato un ulteriore taglio dei tassi, già ritoccati poche settimane fa, portandoli a zero e lanciando un piano di acquisti per 700 miliardi. Non che la misura abbia risparmiato ai mercati le sofferenze che sono sotto agli occhi di tutti, ma sicuramente gli asset Usa stanno tenendo meglio degli europei.

A tal proposito due sono le osservazioni. La prima, più pratica, riguarda il ritardo con cui l’epidemia sta coinvolgendo gli Usa. Aldilà delle diverse convenzioni con cui vengono costruiti i numeri (principalmente contagi e morti) che cercano di spiegare il fenomeno, è probabile che nelle prossime settimane anche gli Stati Uniti siano costretti a prendere quei provvedimenti che in Italia sono già realtà, con inevitabili (ed irrecuperabili) conseguenze sulla produzione e sul Pil. La seconda è invece un monito. Sovviene infatti il ricordo delle diverse tempistiche e modalità con cui gli istituti centrali hanno gestito la crisi nel lontano 2008: la rapidità ed intensità di intervento della Federal Reserve ha infatti rappresentato un incontestabile fattore di successo, pur non unico.

Ma come muoversi ora? Ovviamente la risposta non può essere univoca. Purtroppo la portata e l’estensione della crisi non hanno risparmiato alcuna asset class (ad eccezione della volatilità) ed è improbabile che la diversificazione abbia immunizzato il portafoglio. Tuttavia si aprono oggi nuovi scenari: ipotizzando che la produzione non tornerà a livelli pre-pandemia in tempi celeri, possiamo pianificare un ritorno sui mercati graduale ed attento all’evolversi della situazione, soprattutto in termini geografici e valutari. Un occhio sempre puntato sugli obiettivi di lungo termine e l’altro sulle occasioni di acquisto sulla debolezza.

Monica F. Zerbinati

 
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